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Chanel: storia e curiosità di un marchio che ha cambiato la moda

Isan Hydi Avatar

di Isan Hydi

15/09/2025

TITOLO

Tra i nomi che hanno scritto la storia del costume del Novecento, Chanel occupa un posto che va oltre la moda, lambendo i territori dell’arte, del costume e persino della sociologia.

Non si tratta solo di abiti, borse o profumi: la maison fondata da Gabrielle “Coco” Chanel ha introdotto un nuovo modo di concepire la femminilità, segnando una rottura con le convenzioni rigide della Belle Époque e aprendo le porte a un’estetica moderna, essenziale e libera.

Ripercorrere la sua vicenda significa leggere in filigrana l’evoluzione del gusto e dei costumi europei, osservando come un marchio sia diventato, a tutti gli effetti, un’icona culturale.

Le origini: Gabrielle e la rivoluzione silenziosa

Gabrielle Chanel nacque in un contesto che nulla lasciava presagire riguardo al futuro straordinario che l’attendeva. Figlia di umili origini, passò parte dell’infanzia in un orfanotrofio gestito da suore.

Proprio in quell’ambiente austero si familiarizzò con linee severe, colori scuri e tessuti pratici: elementi che, rielaborati con audacia, ritroviamo più tardi nei suoi capi. L’idea di una moda sobria, elegante senza eccessi decorativi, affonda le radici in questa esperienza di vita.

Dopo aver mosso i primi passi come cantante in piccoli locali, Gabrielle incontrò uomini influenti che le aprirono le porte della società parigina.

Ma la vera forza stava nella sua capacità di osservare, di cogliere un bisogno latente nelle donne del tempo: emanciparsi non solo attraverso la cultura o il lavoro, ma anche attraverso l’abito.

Così nacque lo stile Chanel, pensato per la quotidianità, lontano dai bustini soffocanti e dagli orpelli che limitavano il corpo femminile.

La nascita dello stile moderno

All’inizio del Novecento, Chanel impose il jersey come tessuto d’uso quotidiano, fino ad allora relegato all’abbigliamento maschile o sportivo. Era leggero, funzionale e adattabile. Questa scelta, che poteva sembrare marginale, cambiò radicalmente il modo di vestire delle donne: la praticità entrava finalmente nel guardaroba elegante.

L’idea che un abito potesse essere al tempo stesso raffinato e comodo era rivoluzionaria, e il successo fu immediato. A segnare la consacrazione dello stile Chanel fu anche l’adozione del colore nero. In un’epoca in cui il nero era associato al lutto o alle divise, Coco ne fece il simbolo della sobrietà chic.

Il celebre petite robe noire, lanciato negli anni Venti, trasformò un capo essenziale in un manifesto di eleganza senza tempo, destinato a restare nel lessico universale della moda.

L’incontro con il profumo

Il 1921 segna un’altra tappa decisiva: la nascita di Chanel N°5. Non si trattava di un profumo qualsiasi, ma di una creazione astratta, pensata per rappresentare la donna moderna.

A differenza delle fragranze dell’epoca, che si ispiravano a un singolo fiore, il N°5 era una composizione complessa, quasi un’opera d’arte olfattiva.

La scelta del nome, apparentemente impersonale, rifletteva il gusto minimalista e simbolico della fondatrice. Il successo fu tale che il profumo divenne non solo un best seller, ma un’icona culturale, celebrata da artisti e attrici, da Marilyn Monroe a Andy Warhol.

Tra declino e rinascita

Dopo la Seconda guerra mondiale, la maison conobbe un periodo di declino. La stessa Gabrielle si ritirò per alcuni anni, osservando da lontano l’affermarsi del New Look di Christian Dior, con le sue gonne ampie e la silhouette a clessidra.

Un modello estetico che rappresentava quasi l’opposto della sua filosofia. Nel 1954, ormai settantenne, Coco decise di tornare in scena con una collezione che recuperava i capisaldi del suo stile: giacche dritte, gonne al ginocchio, colori sobri e tessuti confortevoli.

All’inizio fu accolta con freddezza, ma col tempo le sue proposte conquistarono nuovamente le donne, desiderose di praticità ed eleganza moderna.

Karl Lagerfeld e la proiezione nel futuro

La morte di Coco Chanel nel 1971 aprì una fase delicata. Molte maison nate intorno alla stessa epoca si trovarono in difficoltà, incapaci di reggere il passaggio generazionale. Chanel, invece, seppe rinnovarsi grazie all’arrivo, nel 1983, di Karl Lagerfeld. Il couturier tedesco intuì che per mantenere vivo il mito non bastava replicare il passato: bisognava reinventarlo.

E così fece, citando i codici della maison - il tweed, la catena dorata, le perle, il logo intrecciato - ma rileggendoli in chiave contemporanea, ironica e spesso irriverente. Sfilate spettacolari, campagne pubblicitarie iconiche e una forte apertura al prêt-à-porter trasformarono Chanel in un marchio globale, amato dalle nuove generazioni senza perdere il legame con la tradizione.

Curiosità che hanno fatto la storia

Molti dettagli legati a Chanel sono entrati nell’immaginario collettivo. La borsa 2.55, ad esempio, presentata nel febbraio 1955, con la tracolla a catena che liberava le mani, rappresentò un gesto di emancipazione tanto quanto i suoi abiti. I tailleur in tweed, resi celebri negli anni Sessanta, sono ancora oggi sinonimo di potere femminile ed eleganza discreta.

Anche il rapporto con le icone del cinema ha rafforzato il mito: da Catherine Deneuve a Nicole Kidman, fino a Kristen Stewart, le muse scelte dalla maison hanno incarnato diverse sfumature della femminilità, restando però sempre fedeli all’idea di libertà e indipendenza.

Chanel, la minigonna e il tailleur

Negli anni Sessanta il dibattito attorno alla minigonna divise la moda internazionale, tra chi la considerava un simbolo di scandalo e chi invece vi leggeva un manifesto di emancipazione giovanile. Coco Chanel non amò mai davvero quel capo, che giudicava poco elegante e distante dalla sua idea di femminilità sobria.

Eppure, pur non adottandola nelle sue collezioni, fu costretta a confrontarsi con il successo travolgente della minigonna ideata da Mary Quant, riconoscendo implicitamente che i tempi stavano cambiando e che le nuove generazioni cercavano nel vestire un linguaggio di rottura. La sua opposizione non indebolì il mito della maison, anzi, contribuì a definire con maggiore chiarezza l’identità Chanel come alternativa raffinata al radicalismo stilistico di quegli anni.

Parallelamente, il tailleur in tweed, presentato negli anni Cinquanta e diventato un emblema del guardaroba femminile moderno, incarnava la visione opposta: linee dritte, giacca senza colletto, bottoni dorati, dettagli semplici e al tempo stesso riconoscibili.

A differenza della minigonna, il tailleur Chanel divenne immediatamente un simbolo di autorevolezza discreta, adottato da first lady, attrici e donne d’affari che vi trovavano un equilibrio tra eleganza e funzionalità.

Ancora oggi, reinterpretato di stagione in stagione, rappresenta una delle invenzioni più longeve della moda contemporanea, capace di adattarsi senza perdere la sua forza iconica.

Un’eredità culturale

Parlare di Chanel significa affrontare un tema che va oltre la moda. È il racconto di come un marchio abbia saputo intercettare i desideri nascosti delle donne e trasformarli in forme, colori e simboli. Il contributo di Coco e dei suoi successori non si limita a qualche invenzione stilistica: è l’aver offerto alle donne strumenti concreti per presentarsi al mondo in modo diverso, più autonomo e sicuro.

Oggi la maison continua a muoversi su questa linea, bilanciando heritage e innovazione, alta moda e prodotti accessibili. Ogni collezione dialoga con la storia ma anche con le esigenze contemporanee, mantenendo intatta quell’aura di esclusività che ha reso Chanel un sinonimo di stile a livello globale.

Isan Hydi

Isan Hydi

Fondatore di Lussomagazine.it e professionista nel mondo del digital marketing e dell’editoria online, cura la linea editoriale del magazine con uno sguardo strategico e culturale. Appassionato di comunicazione, estetica e narrazione, è la voce che guida la visione del progetto.