Quali sono i marchi di haute couture nel 2025?
di Isan Hydi
20/10/2025
Parlare di haute couture nel 2025 significa addentrarsi in un universo che conserva l’essenza più pura del lusso, ma che allo stesso tempo non smette di rinnovarsi. La couture non vive di quantità, vive di tempo: di gesti lenti, di ago e filo che diventano estensione di un pensiero.
A Parigi, dove la moda nasce come linguaggio culturale, gli atelier continuano a custodire un sapere che sfida la velocità del presente. Alcuni nomi sono diventati sinonimo stesso di alta moda, altri hanno trasformato la tradizione in laboratorio d’avanguardia. In comune, la stessa tensione verso la perfezione.
Chanel: la continuità come forma di modernità
Nessun nome, più di Chanel, incarna l’idea di continuità. L’atelier della maison in rue Cambon rimane uno dei pochi luoghi dove la couture viene ancora trattata come un rito. Ogni giacca, ogni abito nasce da un dialogo costante tra artigiane e designer, tra la memoria di Gabrielle e la visione contemporanea.
Le collezioni del 2025 hanno riportato al centro la leggerezza, quella che nasce da una costruzione impeccabile, dove ogni cucitura è invisibile ma decisiva. Le lavorazioni bouclé, i bottoni gioiello, le silhouette misurate sul corpo delle clienti raccontano una couture che non cerca l’effetto, ma la durata.
In un mondo saturo di immagini, Chanel continua a essere riconoscibile anche a occhi chiusi: basta toccare il tessuto per comprendere che dietro c’è un metodo, una disciplina, un linguaggio che non ammette semplificazioni.
Christian Dior: il teatro del corpo e della forma
L’haute couture di Dior resta un’esperienza estetica totale. Nelle collezioni firmate da Maria Grazia Chiuri, il corpo femminile torna al centro come architettura da costruire con ago e drappeggio. Gli atelier, distribuiti tra avenue Montaigne e i laboratori di artigiani francesi, lavorano ancora con gli stessi ritmi di quando Christian Dior lanciò il New Look nel 1947.
Oggi, però, quel linguaggio si è evoluto in un racconto più simbolico, che attraversa la storia dell’arte, il femminismo, la cultura classica. Ogni abito è il risultato di centinaia di ore di ricamo, pizzi lavorati al tombolo, organze dipinte a mano.
Ma dietro ogni filo c’è un messaggio: Dior usa la couture come mezzo per interrogare il presente, senza rinunciare al sogno. La couture di Dior nel 2025 è un teatro controllato, dove la grazia convive con la forza e la tradizione diventa un atto politico.
Schiaparelli: l’arte dell’eccesso e della meraviglia
Se Chanel rappresenta la misura e Dior la forma, Schiaparelli è l’immaginazione allo stato puro. L’attuale direzione creativa di Daniel Roseberry ha restituito alla maison fondata da Elsa Schiaparelli il suo spirito originario: quello di un surrealismo applicato alla moda.
Nel 2025, gli abiti di Schiaparelli non si limitano a vestire, ma raccontano. Corpetti scolpiti in ottone dorato, ricami tridimensionali, maschere e corazze trasformano il corpo in scultura. Non c’è nulla di casuale: ogni pezzo è frutto di un lavoro meticoloso tra atelier, orafi e artisti. È couture nel senso più ampio, dove il confine tra arte e moda scompare.
Le sfilate parigine di Schiaparelli attirano ormai un pubblico trasversale: collezionisti, galleristi, curatori, persone che vedono nell’abito un’opera da custodire. La maison ha compreso che nel lusso contemporaneo la differenza non la fa il logo, ma la capacità di creare stupore senza tradire la coerenza.
Maison Margiela: la couture come laboratorio concettuale
Margiela, nella direzione di John Galliano, rappresenta una delle interpretazioni più radicali dell’haute couture moderna. La linea Artisanal, riconosciuta ufficialmente come collezione couture, sfida i confini della moda attraverso la sperimentazione tecnica e concettuale.
Nel 2025, la maison ha presentato una collezione che unisce materiali rigenerati e costruzioni scultoree, in un equilibrio tra poesia e decostruzione. Ogni abito è pensato per essere unico, irripetibile, spesso realizzato a partire da capi vintage smontati e ricomposti. È un linguaggio che parla a chi considera la moda un mezzo di riflessione sulla contemporaneità.
Margiela ha trasformato la couture in un gesto di libertà: la possibilità di reinventare il lusso senza orpelli, restituendogli la forza originaria del pensiero artigianale.
Valentino: l’armonia del gesto e del colore
La maison Valentino, con Pierpaolo Piccioli, continua a rappresentare l’essenza della couture italiana all’interno del calendario parigino. Le collezioni del 2025 hanno ribadito il dialogo tra classicismo e leggerezza, tra architettura sartoriale e purezza cromatica.
Ogni abito è il risultato di un lavoro quasi musicale, dove le sfumature di tessuto vengono orchestrate come note. La couture di Valentino non è mai gridata: seduce per sottrazione, per quella delicatezza che nasce dal rispetto dei materiali e della figura umana.
Il colore rimane protagonista: rossi, avori, azzurri polvere e verdi oliva disegnano una tavolozza che diventa firma visiva. In un periodo storico in cui la moda tende all’uniformità, Valentino preserva un’idea di bellezza che non ha bisogno di eccessi.
Elie Saab e la couture mediorientale
Nel panorama 2025, Elie Saab consolida la sua posizione di ambasciatore della couture libanese, portando a Parigi l’eredità di un artigianato che unisce Oriente e Occidente. Gli abiti di Saab continuano a essere riconosciuti per la ricchezza dei ricami, la precisione delle trasparenze, l’uso calibrato della luce nei tessuti.
La maison, oggi gestita con un approccio più internazionale, mantiene intatta la sua cifra stilistica: una couture fatta per celebrare la femminilità nella sua forma più regale. Ogni collezione è un mosaico di perle, cristalli e organze che riflettono la cultura del lusso mediorientale, senza mai scadere nella ridondanza.
La forza di Saab sta nell’aver reso universale una sensibilità locale, trasformando il sogno orientale in linguaggio globale.
L’equilibrio tra tradizione e futuro
Nel 2025 la haute couture non è più solo una nicchia di abiti su misura: è diventata un linguaggio di sperimentazione per tutto il sistema moda. Le maison citate da Chanel a Schiaparelli, da Dior a Margiela interpretano questa tradizione in modo diverso, ma tutte condividono un principio: la couture non è nostalgia, è ricerca.
Dietro ogni sfilata si nasconde una rete di savoir-faire, mestieri antichi che sopravvivono grazie alla formazione di nuove generazioni di artigiani. I laboratori Lesage, Lemarié, Montex, Dutel sono nomi che raramente compaiono nei titoli, ma senza di loro la couture non esisterebbe. Sono questi luoghi che trasformano la materia in sogno.
Allo stesso tempo, la couture si apre a tecnologie che ampliano le possibilità del gesto artigianale: ricami realizzati con fibre riciclate, pattern stampati in 3D, tessuti metallici trattati come seta. La sostenibilità, nel contesto dell’haute couture, non è un claim di marketing, ma una riflessione sul valore del tempo e della durata. L’abito couture non si consuma, si tramanda. È il contrario della produzione seriale: un atto di resistenza estetica.
Haute couture 2025: un lessico in trasformazione
Osservando le passerelle parigine del 2025 si avverte un cambio di linguaggio: meno spettacolo, più contenuto. Le maison sembrano muoversi verso una forma di intimità, riportando la couture alle sue origini, quando il rapporto tra cliente e atelier era confidenziale, quasi rituale.
La couture non si misura più in metri di tulle o in decibel di applausi, ma nella capacità di incarnare un’idea. E quell’idea, oggi, può essere una ricerca sul corpo, una riflessione ecologica, un omaggio all’artigianato dimenticato.
Nel silenzio degli atelier, tra le mani che cuciono in controluce, la haute couture continua a esistere come un gesto controcorrente. Un luogo dove la bellezza non è mai frettolosa, e dove ogni punto, ogni piega, ogni filo ha un significato che va oltre la moda.
Articolo Precedente
Collezionare dischi: quali sono i più rari e costosi sul mercato?