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Storia della Lamborghini e dell’uomo che voleva superare Ferrari

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di Isan Hydi

06/10/2025

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Quando Ferruccio Lamborghini decise di fondare la propria casa automobilistica, non era un giovane visionario alla ricerca di gloria, ma un imprenditore già affermato.

Aveva costruito la sua fortuna con i trattori agricoli, un settore lontanissimo dall’eleganza delle auto sportive, ma che gli aveva permesso di accumulare capitali, conoscenze tecniche e soprattutto l’indipendenza necessaria per osare.

È da qui che nasce una delle rivalità più celebri della storia dell’automobilismo italiano, quella con Enzo Ferrari.

Ferruccio, l’imprenditore pragmatico

Ferruccio Lamborghini nacque nel 1916 a Cento, in Emilia-Romagna. Fin da giovane dimostrò un talento naturale per la meccanica.

Dopo la guerra, partendo dal recupero di materiali militari dismessi, iniziò a costruire trattori economici e resistenti, indispensabili per un Paese che stava cercando di ricostruire le campagne.

Negli anni Cinquanta la Lamborghini Trattori divenne un marchio solido e redditizio, al punto che il fondatore poté concedersi il lusso di acquistare alcune tra le più prestigiose auto sportive del tempo.

Tra queste c’erano Maserati e Ferrari. Fu proprio con quest’ultima che nacque il conflitto destinato a cambiare la sua vita. Ferruccio, uomo diretto e pragmatico, lamentava problemi meccanici nella sua Ferrari 250 GT. Si rivolse a Enzo Ferrari in persona per discutere di migliorie e difetti.

La risposta, secca e orgogliosa, lo ferì: Ferrari gli disse che avrebbe fatto meglio a occuparsi di trattori, lasciando le auto a chi sapeva davvero costruirle.

La sfida prende forma

Quella frase, riportata in molte varianti, fu la scintilla. Ferruccio non era tipo da lasciarsi umiliare, e soprattutto aveva le risorse per passare dalle parole ai fatti. Così nel 1963 fondò a Sant’Agata Bolognese la Automobili Lamborghini, con l’intento dichiarato di realizzare la gran turismo perfetta: veloce, elegante, affidabile e più raffinata delle Ferrari.

Il primo modello, la 350 GT, arrivò nel 1964. Il motore V12 sviluppato da Giotto Bizzarrini, ingegnere di grande esperienza, era una dichiarazione d’intenti. Non si trattava di una semplice sfida tecnica, ma di un modo per mostrare che una nuova azienda poteva competere fin da subito con i marchi storici. La 350 GT non deluse: prestazioni eccellenti, linee armoniose e un comfort che Ferrari, concentrata sulle auto da corsa adattate alla strada, non offriva.

La nascita della leggenda Miura

Il vero colpo di genio arrivò due anni dopo. Nel 1966 Lamborghini presentò al Salone di Ginevra la Miura, un’auto destinata a diventare simbolo di un’epoca. Con il suo motore V12 trasversale in posizione centrale, carrozzeria firmata Bertone e un design che sembrava uscito da un sogno, la Miura fu immediatamente consacrata come una rivoluzione.

Non era soltanto una macchina veloce, era un’icona culturale: la prima vera “supercar” nel senso moderno del termine, capace di unire estetica mozzafiato, prestazioni da pista e fruibilità stradale. Con la Miura Lamborghini non stava più solo inseguendo Ferrari, stava tracciando una strada nuova.

Un marchio che diventa stile di vita

Gli anni Sessanta e Settanta furono un periodo di grande fermento. Oltre alla Miura arrivarono altri modelli memorabili come l’Espada e la Jarama, vetture di lusso che interpretavano la filosofia Lamborghini: potenza unita a un gusto per l’eccentricità e il design fuori dal comune.

Il culmine di questa ricerca si toccò nel 1974 con la Countach. Spigolosa, futuristica, dalle portiere ad apertura verticale, era l’auto che più di ogni altra incarnava la voglia di stupire. La Countach non era soltanto una macchina, ma un manifesto di stile. Guardarla significava intravedere il futuro, un futuro che Lamborghini aveva saputo anticipare con coraggio.

Dalla crisi alla rinascita

La parabola di Ferruccio, però, non fu lineare. La crisi petrolifera degli anni Settanta mise in difficoltà l’azienda.

Le auto sportive, potenti e costose da mantenere, sembravano improvvisamente fuori luogo. Ferruccio, deluso e stanco, vendette la maggioranza delle quote e si ritirò a vita privata, tornando alla sua passione per la campagna e per la viticoltura.

Lamborghini conobbe anni difficili, con passaggi di proprietà e produzioni limitate. Tuttavia il fascino del marchio rimase intatto. Negli anni Ottanta e Novanta nuovi modelli come la Diablo riportarono la casa di Sant’Agata sotto i riflettori.

La vera rinascita arrivò negli anni Duemila, quando Lamborghini entrò a far parte del gruppo Audi-Volkswagen. Grazie agli investimenti e a una gestione manageriale solida, la casa tornò a essere protagonista, lanciando modelli come la Gallardo e la Murciélago, capaci di competere sul piano tecnologico e stilistico con i migliori del mondo.

Il significato di una rivalità

Oggi Lamborghini e Ferrari continuano a rappresentare due modi diversi di intendere l’automobile sportiva italiana. Ferrari rimane legata alle competizioni, con un legame fortissimo con la Formula 1 e una filosofia improntata alla tradizione. Lamborghini invece porta avanti l’eredità di Ferruccio: auto spettacolari, pensate per stupire, con un’attenzione maniacale al design e alla sensazione di guidare qualcosa di unico.

La rivalità tra i due marchi non è mai stata soltanto industriale. È una contrapposizione di caratteri e visioni: da un lato Enzo Ferrari, il “Drake”, il costruttore burbero e ossessionato dalle corse; dall’altro Ferruccio Lamborghini, l’imprenditore che veniva dai campi e che voleva dare ai clienti il piacere della guida senza compromessi, ma anche senza i disagi delle auto troppo spartane.

L’eredità di Ferruccio

Ferruccio Lamborghini morì nel 1993, quando già la sua creatura aveva vissuto alti e bassi. Eppure la sua storia continua a esercitare un fascino speciale. Non fu un ingegnere geniale come Bizzarrini né un comunicatore carismatico come Enzo Ferrari.

Fu un imprenditore testardo, dotato di intuito e orgoglio, che non accettò di essere trattato come un intruso e seppe trasformare un’offesa in un progetto destinato a entrare nella leggenda.

Chi visita oggi il Museo Lamborghini a Sant’Agata Bolognese trova non solo le supercar che hanno fatto sognare generazioni, ma anche i trattori, testimoni delle origini umili di un uomo che amava costruire macchine, qualunque fosse la loro destinazione.

In quella giustapposizione si comprende l’essenza di Ferruccio: un creatore che non si accontentava, che voleva sempre dimostrare di poter andare oltre.

Lamborghini nel presente

Oggi Lamborghini è sinonimo di performance estrema, di design che non teme paragoni e di un brand capace di attrarre un pubblico globale. Modelli come l’Aventador e l’Huracán hanno consolidato l’immagine di una casa che non smette di innovare, senza tradire il DNA originario.

Persino l’ingresso nel mondo dei SUV con l’Urus ha rispettato questa filosofia: potenza smisurata, linee inconfondibili e la capacità di trasformare un segmento spesso considerato utilitario in un oggetto di lusso desiderato.

Un mito nato da un orgoglio ferito

Se si ripensa all’inizio, a quella discussione tra due uomini di carattere, si capisce quanto la storia dell’automobile sia fatta anche di orgoglio personale e rivalità. Senza quell’incontro burrascoso con Enzo Ferrari, forse Ferruccio avrebbe continuato a dedicarsi ai suoi trattori e al vino della sua tenuta. Invece scelse di dimostrare che anche lui sapeva costruire macchine capaci di far battere il cuore.

E lo fece così bene che, ancora oggi, quando una Lamborghini passa per strada, non c’è bisogno di guardare il logo: il suono del motore e le linee scolpite dicono già tutto. È la voce di un uomo che non si accontentò e che, partendo dal mondo agricolo, seppe sfidare il mito di Maranello, regalando al mondo un altro mito, diverso ma altrettanto immortale.

Isan Hydi

Isan Hydi

Fondatore di Lussomagazine.it e professionista nel mondo del digital marketing e dell’editoria online, cura la linea editoriale del magazine con uno sguardo strategico e culturale. Appassionato di comunicazione, estetica e narrazione, è la voce che guida la visione del progetto.